Corona virus e moda Made in Italy: focus su ciò che accade alla seconda industria del Bel Paese

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Corona virus e moda Made in Italy: focus su ciò che accade alla seconda industria del Bel Paese

Grandi marchi e piccole imprese dei settori moda e lusso, in questi giorni, stanno affrontando ritardi nella filiera produttiva e nell’approvvigionamento, chiusure di fabbriche, incertezza e una compressione drastica delle vendite al dettaglio che sta facendo migrare gli acquisti di abbigliamento sulle grandi piattaforme online.
La Camera Nazionale della Moda Italiana, alla luce della grave crisi, ha avanzato al Governo una serie di proposte con un documento in 13 punti a integrazione del dl. “Cura Italia”, con il quale chiede di includere il settore moda tra quelli maggiormente colpiti dalle conseguenze del contagio da COVID-19, al pari di turismo e trasporti.
Mentre brands e aziende affrontano la crisi, che vede nella Milano blindata e presidiata dall’esercito, l’emblema della sofferenza del settore, nuove soluzioni di marketing si fanno strada. Molti brands hanno aumentato la frequenza di invio di newsletter con sconti e promozioni per incoraggiare gli acquisti online. Avanzano nuovi linguaggi virtuali come alternative a passerelle, eventi e negozi, per tenere alta l’attenzione sui marchi e alimentare il coinvolgimento dei clienti.
Di seguito un ampio focus sul tema

tre donne, donne in posa

L’industria del lusso tra smart working e prospettive future

Fino a fine febbraio la preoccupazione dei marchi italiani della moda, e del settore Luxury in particolare, era rivolta al calo dei consumi dalla Cina, che è uno dei paesi che spende di più per il lusso made in Italy. Con la diffusione dell’epidemia in Italia, divenuta primo paese al mondo per numero di vittime, le preoccupazioni degli operatori della moda si sono concentrate sul destino delle loro catene di approvvigionamento che devono fare i conti con le misure restrittive di contenimento del contagio, chiusure, divieti di circolazione delle persone per scopi non primari e una conseguente, enorme contrazione dei consumi.
Alcuni produttori italiani, come si apprende dall’autorevole osservatorio di Vogue Bussiness, operano a capacità ridotta, altri hanno temporaneamente interrotto la produzione. Altri ancora proseguono le attività da remoto, attraverso lo smart working che consente orari flessibili e di mantenere la stessa retribuzione, evitando contatti tra le persone e l’applicazione delle norme di sicurezza previste per chi continua a lavorare nelle sedi aziendali.
La scelta di adottare questi regimi misti di lavoro è comprensibilmente dettata dalla necessità di garantire gli stipendi dei dipendenti e il rapporto di comunicazione e fidelizzazione con i clienti.

L’alternativa alle passerelle: video e realtà aumentata

In questo clima di paura e incertezza, anche la cancellazione delle fiere, degli eventi e, di conseguenza, l’opportunità di incontrare stakeholders e clienti, stanno incidendo sulla crisi del settore. Ma la creatività e le possibilità della tecnologia, stanno valorizzando i nuovi linguaggi virtuali come alternative concrete a passerelle, eventi e negozi, per tenere alta l’attenzione sui brands e alimentare il coinvolgimento dei clienti e dei followers. Milioni di visualizzazioni per i video su You Tube, già in passato usati come strumento di scelta per i propri acquisti, specialmente in Cina dove la tendenza era già diffusa. Progetti che utilizzano la realtà aumentata, virtuale e mista, per creare eventi digitali “immersivi” e coinvolgenti che non vogliono sostituirsi alle persone o allontanarle ma esplorare modi nuovi per connetterle.

La crisi delle piccole e medie imprese

Se i brand più solidi, e con un commercio diversificato che punta anche ai mercati esteri e si avvale dei canali di vendita online, hanno potuto incassare il duro colpo, le aziende a conduzione familiare, gli artigiani e le piccole e medie imprese, nella maggior parte dei casi, hanno deciso di chiudere anche in assenza di un’imposizione in tal senso. La paura è nel rallentamento finanziario ed economico che incide sulla fiducia dei consumatori in tutto il mondo. Si teme un effetto a catena in quanto la diminuzione delle vendite al dettaglio danneggia i marchi e rende difficili i pagamenti ai fornitori, travolgendo l’intera catena. Ma le più a rischio sono le medie e piccole imprese. Secondo Confartigianato Moda, ci sono un totale di 55.491 micro e piccole imprese che operano nei settori tessile, abbigliamento e pelletteria per un totale di 311.697 dipendenti. Nel 2018, le esportazioni da questi tre settori hanno raggiunto 52 milioni di euro ossia l’83% di tutte le esportazioni di moda. Molte di queste aziende potrebbero decidere di chiudere sia perché la situazione attuale in tutta il nord Italia, e in Lombardia in particolare, sembra aggravarsi ancora, sia perché rimanere parzialmente operativi è meno conveniente rispetto alla chiusura completa.

1. città, palazzi 2.milano
Copertina del sito della Camera Nazionale della Moda Italiana

Le proposte della Camera Nazionale della Moda al Governo italiano  

Imprenditori e associazioni del settore moda, insieme a tutte le altre categorie, hanno chiesto al Governo italiano misure fiscali e tributarie straordinarie proprio per consentire alle aziende di pagare le spese correnti, primi tra tutti i salari dei lavoratori e la Camera Nazionale della Moda Italiana ha avanzato al Governo una serie di proposte, in parte recepite, con un documento in 13 punti a integrazione del dl “Cura Italia”, con il quale chiede di includere il settore moda tra quelli maggiormente colpiti dalle conseguenze del contagio da COVID-19, al pari di turismo e trasporti. Tra i punti di maggiore interesse:
– il prolungamento della Patent box sui marchi fino al 30 giugno 2021, ossia della normativa che consente ai marchi, specialmente quelli del lusso, di tutelarsi
– l’innalzamento delle percentuali per il credito di imposta ricerca e sviluppo in particolare per le spese di design.

Com’è noto il pacchetto economico di 25 miliardi di euro, approvato lunedì 16 marzo dal governo italiano, prevede il differimento di contributi, ritenute fiscali e altri oneri dal 16 marzo al 31 maggio per chi dichiara un fatturato inferiore a 2 milioni di euro e per le catene di approvvigionamento più colpite dall’emergenza. Il decreto sospende inoltre i mutui e i rimborsi dei prestiti e congela i licenziamenti collettivi.

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