Temi sociali e politici, omaggi ad artisti, fatti e personaggi. Voglia di riscatto, speranza, sofferenza e gioia: c’è tutta l’Italia, con pregi e difetti, sul palco dell’Ariston insieme ai 30 concorrenti che cantano.
Inutile girarci attorno! Il Festival di Sanremo ha già vinto il Festival. Con uno share del 67,8 e circa 12 milioni di telespettatori nella quarta serata, fa parlare di sé dentro e fuori il Paese, con centinaia di articoli che escono a ritmo incalzante occupando le prime pagine di giornali e siti online. Si sente chiara la sensazione che, al di là di chi vincerà Sanremo per la canzone proposta, la vittoria è già in scena. Ed è nell’italianità che si manifesta nei cantanti e nella musica, nei fiori sanremesi, nelle tematiche trattate, nella richiesta di bellezza e di pace sociale, nel ricordo di fatti, persone e momenti significativi della storia del Paese. Tutto rende così ricco di emozioni il Festival da rievocare un sentimento di appartenenza spesso avvilito dalle divisioni quotidiane. E la politica è entrata a pieno titolo, e non da quest’anno, nella trama del festival. Tra i corridoi dell’Ariston le tematiche che si incrociano con le canzoni sono davvero tante. Ma ciò che colpisce, perché qui si coglie fortemente, è l’immagine di un Paese che appare “unito”, orgoglioso di sé stesso, che non cerca le contrapposizioni a cui la tv litigiosa ormai lo ha abituato ma, anzi, le schiva alla ricerca di valori universali e di occasioni per sensibilizzare il pubblico.
Musica e non solo a Sanremo 2024
E allora i microfoni si accendono per dare voce a tematiche, normalmente divisive, come la sensibilizzazione contro il suicidio nella testimonianza dei La Sad; la piaga della sicurezza sulle strade lasciata al messaggio della madre di Giogiò Cutolo che ha perso suo figlio ma che alla fine manifesta il suo amore per il suo Paese e dedica i fiori sanremesi, gridando “Viva la giustizia!”, a valori che profumano di un patriottismo d’altri tempi. Con Ibrahimović e Federica Brignone è riproposto il messaggio dello sport che forgia i caratteri e crea campioni, così come il valore della salute nella toccante testimonianza del Maestro Giovanni Allevi che mostra, senza veli, la fragilità e la resilienza dell’essere umano.
Nella quarta serata si parla anche di incidenti sul lavoro, una piaga italiana che solo nel 2023 ha fatto oltre 1000 morti. “Viva le differenze, viva la libertà di pensiero sempre e comunque” è l’invito con cui Mahmood conclude la sua esibizione l’ultima serata. E Amadeus non dimentica di omaggiare il ricordo delle vittime delle Foibe, mentre la leggerezza e l’eleganza di Roberto Bolle sublimano uno dei più bei momenti del Festival. E poi nell’onirica, quasi aliena, scenografia del palcoscenico dell’Ariston c’è spazio per ospiti stranieri che lasciano il segno. E anche li è un opposto di immagini e spettacolo: da John Travolta che se ne va scontento con un lauto cachet, depredato del suo chiodo alla Tony Manero per un ballo del qua qua, a Russel Crowe che a Sanremo ci viene gratis (solo rimborso spese) e se ne va da gladiatore dopo aver cantato con la sua band The Gentlemen Barbers ed essersi divertito a sbeffeggiare il suo collega. Ma se a qualcuno manca il senso dello humor, l’Italia ha il suo Fiorello nazionale che con intelligenza e innata, dirompente simpatia, rende tutto più lieve regalando sorrisi, uno dopo l’altro e affiancando, in una coppia solida e affiatata, Amadeus il direttore artistico e conduttore sanremese dei primati assoluti.
E i cantanti? Cantano, lanciano appelli sociali, entrano in scena scalzi o si tolgono le scarpe quando sono stanchi. Anche con i look osano ma non troppo: la maggior parte si veste in classico nero portando sul palco il meglio delle griffes italiane. E poi lanciano messaggi, espliciti ma mai estremi, sulla libertà di amarsi come quello di Big Mama (che la quarta sera bacia una delle colleghe con cui ha duettato!) di stop alle guerre con Dargen D’Amico, di inclusione e appartenenza come quello che Ghali veicola nel racconto della sua italianità e del concetto di “casa”. E l’inizio della quinta serata, che parte con l’inno di Mameli, suonato sul palco dalla Banda Musicale dell’Esercito Italiano, è la ciliegina sulla torta. Il pubblico si alza in piedi e canta insieme. È il quadro di un’Italia che vede il buono di se stessa e lo sostiene unita.
Lungi dal fare buonismo, che non c’è perché piuttosto qui si tratta di battaglie politiche, per la libertà e i diritti, colpisce come ci siamo disabituati a vivere pienamente questi valori, a pretenderli, a riconoscerli nel turbinio delle guerre verbali di politici ed opinionisti che sanno che per fare audience bisogna litigare in tv e quindi litigano meglio che possono. Mentre il paese, quello reale, cerca normalità, lavoro, dignità, giustizia.
Non mancano le frecciatine alla Ferragni, al centro di uno scandalo mediatico di cui non si smette di parlare ma da cui il Festival prende le distanze come a rimarcare, senza infierire, che chi sbaglia paga. Non sono potuti salire sul palco gli agricoltori in protesta, giunti con i loro trattori nottetempo a Sanremo già durante la seconda giornata dell’evento. Ma la loro nota è stata letta per dare voce ad un problema che in realtà non è solo “loro” ma è un problema di tutti. E a Sanremo, chissà perché, si capisce quando un problema è un problema di tutti e, non solo, si fa il tifo insieme, uniti, lasciando trapelare attraverso le immagini della diretta tv che la gente in certe cose ci crede senza bisogno di farne una questione di destra o di sinistra, anzi, al di sopra di questo.
Sarà la magia della musica, la sua capacità di fare appello alla parte sensibile e migliore delle persone, saranno l’arte e la bellezza quando si manifestano nel rispetto delle persone…sarà il mix di tutto quanto ma, anche se al termine di questo pezzo non conosciamo ancora il nome del vincitore del 74° festival della Canzone Italiana, Sanremo ha già vinto.